IL CIRCUITO
VILLA LAGARINA – Teatri di Castellano e Pedersano

“Con en pè en la busa” è l’adattamento in chiave moderna e in dialetto trentino di Bruno Groff dell’opera scritta nel 1708 da Jean Francois Regnard dal titolo “Le legataire universel”. È una commedia divertente, che tratta in maniera ironica una tematica sempre attuale, incentrata sulla corsa all’eredità, che vede alla partenza un vecchio ricco ma avaro, alle prese coi pretendenti ansiosi di arricchirsi. Le peripezie di un nipote per conquistare l’agognata eredità e i capricci del suo anziano zio creano situazioni di grande tensione e momenti di sana comicità. Il finale è, ovviamente, a sorpresa.

Nell’ambulatorio di uno psicoterapeuta, si incontrano alcune persone, ognuna con le sue “particolarità”, per partecipare ad un incontro di gruppo. La situazione si evolverà in maniera del tutto imprevedibile e stravagante…Vorrei potervi dire di più, ma il tempo incalza, sono già le otto e io sono ancora per strada.…Santa Marieta!!!!!! devo nar de onda…… ne veden lì !!!

Povero Bepi! Ci sono voluti anni per rendersi conto che, forse, la sua relazione con Gilda sta giungendo al capolinea. Finché il suo lavoro di orologiaio lo teneva tutto il giorno lontano da casa questa verità non era evidente ma ora, arrivato alla pensione, fa sempre più fatica a sopportare le quotidiane lamentele, le astiose critiche e le battute petulanti della donna.
Sarà un politico, l’onorevole Mangiacapponi, a risolvere la situazione e finalmente Bepi riuscirà ad offrire un buon caffè a Santina con la quale, chissà, potrà magari intraprendere un nuovo percorso nella vita.

In scena il dramma di un maestro trentino, Erminio Girardelli, nato a Valle S. Felice il 7 settembre del 1884. Dopo aver insegnato in varie scuole della regione, si spostò in Dalmazia e in Istria durante il periodo fascista. Sposatosi nel ’38 con una croata, Maria Grbac, a Lanišće, in provincia di Pola, attuale Pula, venne prelevato con forza da casa il 6 novembre 1943 e gettato pochi giorni dopo in una delle numerose foibe locali.
Di questo maestro vengono raccontati gli ultimi sei giorni di vita attraverso i dialoghi con la moglie all’ora di cena. Fu proprio a quell’ora, infatti, che il protagonista venne portato via per sempre, davanti agli occhi increduli del figlio.

La storia, ambientata nel 1900 e con chiari riferimenti alla commedia goldoniana “Sior Todero brontolon”, ruota attorno al personaggio del Sior Bortolo, vecchio e avaro brontolone, che, credendosi “paron” della famiglia e di tutto, pensa di poter decidere della vita degli altri. La nuora Adelina, per contro, è una donna forte che ridisegna il ruolo femminile all’interno della famiglia e della società. Ci sono poi il figlio senza carattere e il giovane Gianluigi, che cercherà di avere la mano della nipote. Personalità, pregi e difetti dei personaggi, anche dopo 150 anni, non sono cambiati: continuano a rallegrarci e farci pensare.

Un’impiegata frustrata e senza voglia di lavorare commette un errore che le cambierà la vita: inverte la pratica di Omar Allevi, un ricercatore italiano che ha richiesto il passaporto per lasciare l’Italia, con quella di Omàr Allawi, un rifugiato iracheno che ha invece chiesto asilo politico per rimanere in Italia. Una commedia molto comica e molto tragica, una satira dissacrante e implacabile sull’Italia di oggi: fuga di cervelli e immigrazione, truffe bancarie e imprenditori, cuori infranti e familismi, burocrati e stagisti.